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F R A M M E N T I
Vito Ugo L'Episcopo
1981 / 1984



SENILITÀ (trilogia)

1981

 

SENILITÀ

a un certo punto diventi un bambino
tutto quello che ti è stato detto o fatto
si cancella tra le mani e uno stato astratto,
confuso, si annida, dentro
il gonfiore del viso svanisce, la febbre appare
ogni tanto e il dolore si mescola ai secondi
che passano, uno sull'altro come soldatini,

il bambino che stava seduto, occhi fissi,
gioca, si diverte quasi incredulo che non è più un bimbo
ma un vecchio,
le labbra sono più piccole, gli occhi non fanno ridere
ma la sua zoppa fantasia si spegne e si accende
intermittente scherzo di un branco di coglioni

tra le carte scritte, le lettere, i pensieri
tra una mano giovane che ti masturba
stranamente ti trovi su un seggiolone
a mangiare col bavaglino aspettando
come un animale sensibile e cieco che tutto
sparisca.







SENILITÀ PRIMAVERA

tuo padre quando entra in casa magari non parla
tra le sue scarpe e la terra uno strato di ghiaccio
saporito armonico odore di tanti anni

soggetto di un film al suo ultimo tempo
affrettato, orgoglioso di ogni momento
si sogna la notte la gioventù, un grande attore

tuo padre non ha più mani da spendere
se si alza sa già che è mattino, se dorme è notte

i fatti del mondo lo scuotono, lo esaltano
il macello della stazione, l'assoluzione di crimini
lo fanno saltare sulla poltrona, una forza dominante
che parte dalle vertebre, che parte dal lavoro
dal denaro
mai rubato,

ma se anche per un giorno, se anche per un attimo
ha pensato di scappare, di viaggiare, di volare
se ha pensato che ogni modo di vivere è giusto e sbagliato
se ha pensato che il suo è un modo difficile
anche se per caso non si è lasciato andare
scalzo, tra il fango,
la sua terra lontana lo ricorda

tuo padre è un grande capo
la saggezza, il ricordo, l'hanno fatto.






L'ULTIMA SENILITÀ

l'ultimo atto è plateale, sincero
uno sforzo di attesa, una paura frenata
tra un muscolo scomodo che si muove da solo
tra le mani tremanti e dure
il vecchio, al bambino, appare delicato

lasciato a sé come se non dovesse dire
più niente a nessuno, se il consiglio chiesto
gli viene negato non sorride non rinnega

ricorda solo il giovane venuto sordo poi
per il troppo rumore, la troppa puzza
che questo mondo acculato, smerdato, fa

e lui come non si fosse accorto che
l'adulto, che ancora non è come lui
lo sarà e presto, lui
non disturba, lui non se ne porta un cencio addosso

rinchiuso, seduto, mi sento già ora senile
per la troppa sete di vederti, per il troppo senso
di non darti, e senile vecchio delicato non sono
per tutte queste cose.




da "PRODUZIONE MILLENOVECENTO83"

1983


.....



NEL CORRIDOIO (SCAFFALI) SEDUTO


Questo è un ufficio di polvere, una
cantina di carte e occhiali,
pensieri, conti, calcoli,
e morte, tanta morte
nelle mappe, nelle parole

è la fogna di topi impauriti
ammaestrati

è la feccia di ideali
perversi,

ufficio di stato italiano,
tanto grasso sudato,
peli e ascelle e cosce
impastate di noia,

è la vera coerenza nascosta,
forse un sussurro
uno sguardo d'affetto
negato,

e occhi e paura
frasi musicali d'orchestra
pensieri di sole.

Cosa c'è di noi
nell'infinito?

Questo squallore d'ufficio
sa di macchie di sborra,
di puttane e papponi.

Lo scaffale di Dio.





GIUNTO QUA

Noi non siamo immortali
noi non siamo extraterrestri arruolati
volontariamente arruolati in una capsula,

il veleno non entra dalle vene o dalla bocca
il velenoso sapore di morire non è accettato
dal di dentro, dal fondo nel quale poi finiamo.

Espressa l'equazione per cui non si capisce,
la "x" è un numero indecifrabile di molecole

e poi...poi?

Poi l'illusione, l'amore, le magnifiche scopate
e lacrime di passione e di orrore, un calvario
pesante e frenetico fatto di cazzocrati errori.

Disumanamente arretrato in uteri e nervi
e pensieri per i quali so di essere passato,
ricalco ogni istante, il percorso,

non so nemmeno se è poi esistere, se è poi
personificare il dito col quale ho accarezzato
la verità e il piacere, e ne ho quasi sentito
l'ardore

ma non c'è niente per cui la morte
può capire il pianto,
e poi si ride, per non crederci.





VERMI E SCACCHI

Una scorta di sano verme
che contrattacca scempiaggini
di fronte a uno scacco ormai
PAZZO
per lui
DI LUI
fa apposta a dirlo
così lo sa che io cedo,

fa apposta a stringere
quella lampada tra le dita
e lampo
pusher di cartastraccia
famoso accoltellatore

è ingegnoso quando si sdraia
tra il prato di un giardino
e vola nell'alto con occhi
scremati
privati di crema e bugie molli

eppure si produce
dal proprio epicentro
lava bianca
e
trema
CREMA

una scossa
che gli sfascia la faccia
e il cuore
scoppia
di soppiatto
soft...

traduci queste centinaia
di pagine lucide
che il verme propone
alla scacchiera.



da "SCONCERTO Nº 1 PER PENSIERI E PENNA OP. 1984"
1984

 

....



INTRO

è entro 40 passi di metropoli
che risucchi goccia a goccia ciò
questo rimorchio d'ansia
permanente, frequente
palpitante

è entro 40 passi di metropoli
entro 40 sucidi incompleti
rarefatti
passi lungo scale
metalliche





VIVACE

meridiano
dal mare

inventiva
e staffe d'acciaio che armano
cementi
e polveri dure
nel cuore

autostrada a mille corsie
liquefatta

vibro
nel senso stracolmo
di giovane
maschio
l'idea





L'IMMAGINE

il cuoco
ha cotto la mia lingua, sono sconcezze, sono trast, piegartz, rancori
la mia lingua
lessa

formazione
atomica a tre posizioni
città
alta
di
gra
tta
cie
li
parole baci merda uffici case basse uffici navi mare
HOTEL .................BANCHE
T
an
te
chiese
cattoliche

lancio
pensiero .1.. spento..
cazzo ...2. ..cazzo
.....3. ..ora
...4 ....

OOCCCHHII
OO ..CC.. HH.. II
I .H .C .O.O.O .C. H. I
I ...H... O... O... I... O... H... C... C
O........ I........ O........ H........ C........ I........ H
ho perso gli occhi

lecco
la lingua

"saporita".





QUALITÀ ROSSA
(Allegro fin troppo)


Come al solito il silenzio mi fa imbestialire
trasalgo come arrampicato su scale e vado
ricercando l'ultimo gradino di un ultimo piano

raggiunto, non sento rumori, non sento odori
appoggio l'orecchio muto al suolo, mi inganno
ma niente, niente di niente. Allora grido! niente
muovo la bocca senza suono, rotolo giù senza
dolore, esce sangue trasparente, ho capito.

"Fammi la cortesia di dirle che non sto bene"
"Sei sicuro che non capisca?"
"Non capirà"

"Va bene vado. Hai preso le chiavi?" "Sí"

Queste sono voci, sono voci. Corro lungo
la corrente termica delle parole,
le sento più nitide

"Non ne posso più, tutte stronzate!"
"Certo stronzate, solo stronzate!"

che bello sentire le voci, ancora

"Sai ci sono aspetti della vita che uno
deve vivere, col corpo intendo, intendi?"
"Intendo"

"Ecco, cose che uno vive e poi si lascia andare
perché è giusto lasciarsi andare, intendi?"
"Intendo"

"Appunto, tu sei una donna e io un uomo
e tutto è bello attorno a noi e dentro
di noi, e uno non può vivere senza
provare sensazioni uniche, fantastiche, intendi?"
"Sí, intendo"

"Dunque, mi fai un pompino?"

Anche se la confezione è gonfia
la conservazione è garantita.



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